Arrivederci e alla prossima

di Stéphane Wittenberg

Foto Valentina Zanaboni

Oggi nuovo giorno di partenza, questa volta verso le nostre case, quelle “vere”, fisse, ciascuno nella propria regione, dal Sud al Nord Italia, e anche oltre, chi in Marocco o in Francia. Per tutti la sensazione sarà la stessa: bisognerà riabituarsi a non abitare più il cammino insieme, noi compagni di cammino, torneremo alle nostre vite singole, trasformati, come dopo ogni viaggio, trasformati e cresciuti, con qualcosa in più, ovvero una grande cosa, l’aver condiviso, passo dopo passo, la scoperta di un territorio, la sua geografia, storia, la sua gente e l’accoglienza…

L’accoglienza calorosa dell’Aspromonte grecanico. I paesi di Bova, Amendolea, Gallicianò, Pentadattilo e altri borghi arroccati su questi monti detti “aspri” che ci hanno accolti ben oltre le nostre aspettative. Da questi paesi alcuni abitanti, negli anni, sono dovuti scendere nella civiltà marina, più collegata alla cultura occidentale. Ma in tanti si ingegnano a mantenere ancora e a trasmettere la loro ancestralità, l’anima di questi luoghi ambientati nel Sud più estremo dell’Italia contemporanea e, nello stesso tempo, radicato nella Grecia antica.

Noi abbiamo avuto la grande fortuna di avere come mediatore del territorio la nostra guida Andrea Laurenzano e il suo gruppo sempre attivo di guide, cuochi, autisti, musicisti, archeologi e intrattenitori… Detto così, si potrebbe pensare fossero una moltitudine, in pratica erano sempre gli stessi che si sono fatti “tanti” per condividere con noi tutta la passione per la loro amata terra. Ad Angelo, Antonio, Giuseppe, Mario, Natale, Tonino, e tutti gli altri va, quindi, il nostro grazie di cuore! La vostra presenza è stata essenziale, la vostra gentilezza ci ha fatto sentire a casa.

Ma il viaggio non è terminato, le emozioni camminano ancora dentro di noi e noi continueremo ad esserci!

Ora che sarete tornati a casa, potrete rileggere il nostro diario, guardare le nostre foto e i video, ascoltare le sei puntate della trasmissione diffusa su Radio Francigena. Seguiteci e commentate anche su Facebook, diteci cosa pensate taggandoci con hashtag #CompagnidiCammino, insomma facciamo comunità, perché in fondo siamo tutti… Compagni di Cammino!

Un abbraccio e buoni passi a tutte e a tutti

Elogio allo zaino

di Massimo Montanari

L’atrio del terminal ha linee diritte, segni e simboli che lasciano poco spazio a fantasie. Un aeroporto è luogo di punti di inizio e fine di itinerari.
Partenze, arrivi, spezzoni di vita che si infilano nelle code all’imbarco.
Gente che ansima e sfoggia la percettibile fretta che li anima nel quotidiano.
Anche io sono in fila, guardo il vociare confuso di telefoni e tablet parole,e suoni che aleggiano mischiandosi ai richiami di voli in partenza e di ritardatari il cui nome è nella lista di un megafono.
Osservo il popolo dei naviganti di cieli a pagamento, così uguali nel loro grigio essere uguali.
Viaggiare non sempre significa essere viaggiatori.
Li osservo con le loro insulse mini valigie, quadrati di plastica anonima chiamati trolley.
Uguali, come sono uguali loro, pinguini galleggianti di queste moderne chiatte sospese.
Braccio sinistro libero, braccio destro con mano impugnata nel manico del bagaglio.
Stessa posa, tutti così.
Non c’è fantasia in questa generazione di questi che non chiamerei viaggiatori ma “spostanti”.
Perché essi si spostano in automatico.
Viaggiano per andare portando con se cose di casa.
Non trovo altra spiegazione per l’utilizzo del trolley che non quella che siano “spostanti”.
Una persona con un trolley non camminerà mai. Ovvio.
I camminatori non hanno trolley, ovvio bis.

Non ho un trolley, non l’ho mai utilizzato, sono rimasto fedele allo zaino.
Oggi pare oggetto desueto ma così intimo da essere per me un pezzo stesso del puzzle del viaggio.
Lo zaino non è solo un contenitore di cose, ma è un porta emozioni, esso vive con noi tutto il viaggio non solo andata e ritorno di fugaci spostamenti, esso vive nei passi, nei luoghi in ogni angolo del nostro viaggio emozionale.

Foto Luca e Valeria

Lo zaino è un intimo amico che condivide con noi ogni cornice dentro al quadro dei paesaggi. Altro

Ultima tappa di Compagni di Cammino

di Paolo Iannicca

Aspromonte, non vi è un termine più preciso per descrivere le natura di questa terra. Ripidi pendii brulli che s’innalzano dal mare. Qua e là, qualche campicello di aranci ed ulivi, che sembrano sfidare la forza di gravità. I piccoli e remoti paesini sono aggrappati ai ripidi costoni e strappano ogni lembo di terra coltivabile. Le fiumare appaiono come lunghi nastri d’argento che legano la montagna al mare ed incutono timore ad immaginarle piene. Una natura indomita, un isolamento atavico, questi sono i primi pensieri che passano per la mente di un viandante quando si trova a camminare in questo estremo lembo meridionale della Calabria. Poco distante si scorgono le rovine di uno dei tanti paesi abbandonati. A quel punto ti chiedi: chi viveva lì? Com’era la loro vita in Aspromonte? Perché sono andati via? L’Aspromonte sembra un luogo quasi diviso dal mondo, dove si respirano forti le radici greche e bizantine. Un viandante che s’incammina in Aspromonte compie un viaggio nel tempo e nello spazio, in un altrove che non si riesce bene a collocare. In questi luoghi da migliaia di anni i greci hanno stabilito le loro colonie e solo nell’ultimo secolo è iniziato l’esodo dei greci di Calabria verso le città in cerca di una vita “migliore” e meno “scomoda”.  Da lontano si sente il tintinnare di campane. Un gregge di capre ridiscende agilmente un ripido canalone. I pastori le richiamano con fischi ed urla. C’è ancora vita in Aspromonte. Bova, Amendolea, Gallicianò, Pentedattilo sono i nomi di alcuni paesi che “resistono”. In questi luoghi, lungo il cammino, io ho conosciuto persone. Ho incontrato Andrea che, con  i ragazzi della cooperativa, ci ha accolto con un’organizzazione perfetta. Ho conosciuto Maria, un’anziana signora di Gallicianò che mi ha offerto il caffè in casa sua. Ho parlato con Ugo che si ostina a coltivare il bergamotto ad Amendolea. Ho compreso il lavoro di Beppe che, con l’associazione Pro-Pentedattilo, s’impegna a valorizzare il borgo e gestisce alcuni beni confiscati alle mafie. Ho discusso con Roberta e Valeria che mi hanno spiegato il valore della conservazione e trasmissione dei riti. Ho ascoltato Manuela. Ho riso con Tomas e con Nico. Mi sono confrontato con Luigi e Marina. Ho condiviso emozioni con Laura, Cristina e tanti altri. L’Aspromonte, dunque, non è quel luogo desolato che appare agli occhi del turista distratto, ma un viandante, passo dopo passo, lo scopre pieno di vita e di belle persone.

Il nostro cammino si conclude oggi a Pentadattilo, meraviglioso paese incastonato nella roccia e dipinto da tanti artisti. Ed è proprio con un uomo di cultura, meglio con un grande “paesologo”, che abbiamo iniziato e concluso questa giornata: Franco Arminio, che ci ha augurato buon cammino, leggendoci una delle sue dissacranti ed ironiche poesie. Per quest’anno “Compagni di Cammino” è finito, ma i nostri passi continueranno ancora, per condividere quanto di bello la vita ci riserva.

Micromondi

di Cristina Mori

In cerchio come una comunità.

Così inizia ufficialmente la giornata.

Tra le parole di Neruda e Rodari e di chi ci saluta alla mattina, pronto a partire per altri lidi, altri cerchi.

Un cerchio che si fa filo lungo il sentiero, che si fa ponte di mani e di piedi sulla fiumara Amendolea, scala mobile tra i ripidi terrazzamenti e variopinto tappeto steso al sole sullo sfondo verde-arancio dell’erba e degli agrumeti maturi.

Cerchio millepiedi in costante divenire, presto diventa paesaggio, lo stesso attraversato. Guarda ed è guardato, si crea un dialogo, o almeno una domanda, una curiosità. Un incontro. Un’attesa.

Ci attendono a Gallicianò le venti anime che vi abitano. Chi con un banchetto improvvisato di marmellata di fichi d’india, chi con i suoi tamburelli fatti a mano in pelle di capretto e legno di faggio, chi con un pentolone fumante di pasta e fagioli e pane cotto a legna. Tutti con un sorriso e un umile e forte senso d’identità.

Piccola roccaforte della lingua grecanica, nido di poiana tra le rocce, antica chiesetta greco-ortodossa e fibre di ginestra conservate in un museo. Questo paesaggio è un bel mix. Non saprei cosa dire per decifrarlo.

Franco Arminio, nostro ospite serale ci ha detto che, scendendo fin qua, “gli è ricomparso sotto gli occhi il mondo arcaico”. Ci dice che questo è un Luogo. Ci dice che il Sacro è qui, proprio in questi luoghi che camminando attraversiamo. Ci fa concludere la serata con un karaoke di gruppo tra Poesie d’amore e di terra e Cartoline dei morti. E proprio qui ritorna l’Allegria. Quella stessa di cui parla Neruda al mattino, quella stessa che fuoriesce dalle nostre tarantelle a suon di tamburelli e zampogne, quella stessa di chi cammina e sa che ogni giorno perde qualcosa e che qualcosa ritrova. Allegria per tutto questo che rimane eppure che cambia, per queste contaminazioni tra micromondi, per questo trovare e riperdere, per questa reciproca accoglienza. Allegria per i nostri paesaggi interni che si arricchiscono, per la nostra terra che viene concimata, per i nuovi sentieri che vengono esplorati.

Un luogo è vivo se non perde la sua colonna sonora… e qui musica ce n’è!

foto di Alessandro Giulio Midlarz

Franco Arminio, scrittore, paesologo, poeta

 

Kalòs ìrtete stin chora: benvenuti in questa città!

Nico Di Paolo

Si dice che in questi luoghi lo straniero, il pellegrino, l’ospite debba essere accolto con gentilezza e fratellanza perché in lui si potrebbe celare un dio, un messaggero, un esempio per virtù e coraggio. Questa frase in greco antico è scritta in ogni spazio che ci ha ospitato in questi giorni di incontri, feste e cammino qui in Aspromonte. Esiste un termine che esemplifica questo atteggiamento che ho ricevuto fin dal primo momento in cui sono atterrato in Calabria ed è FILOXENIA. La filoxenia è il contrario dell’altra parola, ahimè più conosciuta, che è xenofobia cioè “paura dello straniero”. Filoxenia significa “amicizia verso lo straniero” che, in una parola, si traduce in ACCOGLIENZA. Ed è proprio l’accoglienza la grande esperienza che sto, stiamo assaporando e che in questo viaggio ho, abbiamo, trovato in questa terra grecanica, ed è sempre l’accoglienza che ho, abbiamo, trovato in quest’associazione di visionari camminatori: La Compagnia dei Cammini.

È oramai il sesto giorno che mi sveglio, respiro e condivido la mia esistenza fra queste montagne aspre e sempre illuminate da una luce autunnale, brillante e metallica. Tanta luce e tanta luminosità che si riflette e rimbalza laggiù in fondo ai monti su quel mare mediterraneo così carico di storia, di speranze e di passate e presenti tragedie.

Siamo qui nell’Aspromonte grecanico a gioire dell’evento-festa itinerante dei Compagni di cammino. Siamo qui per conoscerci e conoscere, qui per camminare e condividere. Durante il nostro errare a piedi tra i tanti incontri che stiamo avendo, sempre abbiamo respirato un passato di una cultura antica e generosa, un presente ricco d’intensità ed entusiasmo. Sono grato con Andrea e tutti i suoi compagni rivoluzionari che hanno organizzato in maniera encomiabile un evento pieno di magia e umanità. Sono grato per essere consapevole di questo momento e di poterlo condividere con un sorriso sincero.

E concludo prendendo spunto dall’ultimo intervento che abbiamo avuto stasera dallo scrittore Franco Arminio : “ Stiamo facendo manutenzione della nostra anima, stiamo facendo manutenzione del sacro”.

L’arrivo nella terra del Bergamotto

di Daniele Moschini

Il diario di oggi di compagni di cammino inizia, come per la prima  giornata, nella piazzetta di Bova.
Il cerchio dei camminatori di delinea e si arricchisce della presenza di Bernard Ollivier, scrittore e giornalista francese che ad ottant’anni camminerà con noi e stasera terrà un incontro.
Luca Gianotti legge proprio un passo tratto da un libro di Ollivier e la parte introduttiva viene completata da Luigi Nacci con una citazione tratta dal suo libro “Alzati e cammina”, una digressione sulla proprietà privata, rivendicando il diritto di camminare ovunque sulla terra, senza bisogno di recinzioni.
Dopo esserci augurati “Buon Cammino” inizia la camminata.
Bova ci mostra le sue strade strette e i suoi vicoli sistemati grazie ad una sana gestione di finanziamenti europei. Stiamo imparando che da queste parti le cose sono ben fatte laddove il carattere forte e testardamente positivo di queste persone viene fuori e messo al servizio della collettività.
Andrea ci guida nella cattedrale di Bova, ricca di antichi scavi e luoghi di sepoltura risalenti ad un periodo che va dal 1500 al 1700. La visita poi al museo della Lingua calabra di Gerhard Rohlfs è una vera chicca. All’interno, si scopre un mondo che pare lontano migliaia di anni. Immagini scattate da Rohlfs tra il 1924 e il 1925, frutto di una ricerca sulla civiltà contadina, fatta in molti anni. La Calabria latina e la Calabria greca. Cappelli a punta da una parte e cappelli a sacco dall’altra. Collante di tutto la lingua greco-calabra che oggi ancora si parla,  ma che rischia di perdersi con il passare di altre generazioni.

foto di Alessandro Giulio Midlarz
In cammino verso Amendolea ci aspettano olivi come patriarchi e cespugli di artemisia. Calendule e gelsomini a frotte. Notiamo che la raccolta dell’ olivo è ancora in corso e questa scelta di effettuare la raccolta sempre più tardi denota da parte dei calabresi grecanici, oggi, una ricerca di qualità più che quantità, mostrando una visione nuova e una ricerca di tirare fuori il meglio dal territorio.
Ora appare la fiumara di Amendolea, dove siamo accolti in uno di quei posti che colpiscono dritti al cuore. All’ agriturismo “Il Bergamotto” l’aria che si respira è quella del Sud che rilassa, coccola e seduce. Come un ballo di tarantella con una ragazza di qui dagli occhi neri e profondi come tizzone. Probabilmente non è giusto parlare di luoghi fisici, in questo caso, ma di luoghi dello spirito materializzato solo con una formula magica.
Qui e solo qui, d’altronde, può crescere e vegetare il bergamotto, un agrume unico al mondo che nessuno sa perché se portato in altri luoghi non riesce più a vivere, come in questi 100 km di costa e fino ai 300 m. Ugo Sergi, proprietario dell’azienda agricola, ci parla di capacità incredibili di questa pianta: la sua essenza rende le persone ottimiste e meno ansiose, ha capacità antisettiche e antibatteriche. E l’incredibile forza di attirare i raggi solari. Fissatore naturale di profumi presente alla Corte di Luigi XIV proprio per le proprietà del suo olio.
Finita la visita, ci si prepara all’incontro con Bernard Ollivier, grande scrittore e giornalista nonché camminatore. Oggi Bernard alla soglia degli 80 anni ha camminato con noi.
Autore prolifico di libri sul camminare come terapia, un po’ di anni fa ha ideato un progetto sul recupero di giovani in difficoltà che spesso vengono da situazioni di vita difficili grazie al cammino che può avere un’azione guaritrice e di recupero dell’individuo.
La giornata è finita con la cena in agriturismo e la musica assolutamente coinvolgente di Ciccio Nucera che ci travolge in danze popolari dai ritmi “tarantolati”. Noi siamo ancora lì a ballare…

Bernard Ollivier

Bernard Ollivier, scrittore e camminatore, fondatore dell’associazione francese Seuil

foto di Alessandro Giulio Midlarz

 

Compagni di Cammino parte da Bova

La prima giornata di Cammino

di Eugenia Dallaglio

Il primo giorno di Compagni di Cammino inizia oggi con partenza da Bova. Scoccate le 8.30 di mattina nella piccola piazzetta in ciottolato davanti al municipio, ci riuniamo nel nostro consueto cerchio pre-cammino che, pian piano, si fa sempre più grande.Facce nuove, ma anche tanti camminatori che hanno conosciuto la Compagnia in questi anni e ne hanno condiviso alcuni cammini. Visi sorridenti e con la voglia di riprendere nuovamente a camminare con noi, scarponi e zaini colorati animano il piccolo paese illuminato da un sole caldo che risplende nel cielo azzurro.

Aspettiamo tutti prima di iniziare, chi puntuale e chi invece esce di fretta dal piccolo circolo Arci Bova, finendo velocemente una pasta croccante alla crema. In cerchio leggiamo alcune riflessioni sul camminare e, come sempre,  la rituale frase, “Oggi è il 22 novembre 2017 e non ci sarà un altro 22 novembre 2017″ inaugura ufficialmente il nostro cammino, si parte!

La nostra guida Andrea Laurenzano con Angelo, Antonio e gli altri ragazzi della cooperativa San Leo per i prossimi giorni avranno il compito di insegnarci a camminare in punta di piedi in una terra tanto aspra, una regione figlia di greci e cresciuta insieme ad un popolo con tradizioni e modus vivendi che permangono dopo millenni, che aspetta solo di essere raccontata. Proseguiamo per una mulattiera che incrocia la strada e si fa nuovamente sentiero. Arriviamo al passo della Zita, uno dei primi punti panoramici che ci fanno assaggiare questa terra. L’Amendolea richiama la nostra attenzione, la fiumara più importante dell’Aspromonte, ci fa proseguire con lo sguardo verso la sua larga valle che si tuffa nel mar Jonio. Il riflesso del mare ci fa scorgere solo il contorno del maestoso Etna, che domina silenzioso su questa infinita terra . Si prosegue in larghe radure e tra chiacchiere e incontri con mandrie di vacche la pineta inizia ad avvolgerci. Da lontano si scorge (e si sente) un profumo di falò, sono loro, sono arrivati i rinforzi, il nostro pranzo è iniziato accompagnato da cornamusa e tamburello. Il cammino continua, seguendo la valle circondata da ulivi e bergamotti e il ritorno a Bova arriva presto.

I B&B e le case messe a disposizione per l’ospitalità diffusa ci aspettano per una doccia veloce, la giornata non è ancora finita, ci spetta la parte più importante! La cena è una sorpresa di piatti tipici calabresi, siamo in tanti ed è semplice far festa. Dopo una giornata di cammino non siamo ancora stanchi: parte la musica con chitarra, lira accompagnata dall’immancabile tamburello. I balli sono i protagonisti di questa bella serata e oramai i passi della tarantella calabrese iniziano a non essere così tanto sconosciuti. È solo la seconda sera che passiamo tutti insieme nell’accogliente e caldo ristorante della cooperativa San Leo, ma avvolti da una così bella atmosfera, è come essere a casa.

Grazie Bova!

di Marina Pissarello

Bova oggi ha accolto i Compagni di Cammino con una piazza già animata dagli abitanti pronti a recarsi al lavoro, in una bella giornata di sole, quasi primaverile.
Nelle aiuole, davanti al municipio, ci sono i corbezzoli, coi loro frutti maturi, a riassumere l’anima di questa terra di innumerevoli contaminazioni mediterranee.
Si forma il cerchio: siamo tanti. Volti nuovi e volti noti che si cercano per condividere ancora un’unica grande emozione, un momento di consapevolezza e poi la voglia e la gioia di tornare a camminare insieme, coinvolgendo e facendosi coinvolgere da una comunità ospitale e da un territorio selvaggio e affascinante.
Dall’altra sponda dello stretto l’Etna ci osserva quieto e dà spettacolo, anche senza pennacchi e colate, con la sua superba imponenza, i fianchi innevati e le tenui gradazioni di rosa e di azzurro delle prime ore del giorno.
Capita di sentirsi osservati, camminando per mulattiere e sentieri, e di scoprire su di sé gli sguardi curiosi di ieratiche capre dalle lunghe corna contorte.
Alle quote più basse la vegetazione è dominata dalla presenza, particolarissima, dei peri selvatici: piccoli alberi dall’aspetto rude, tormentato, quasi spinoso, perfettamente intonati all’asprezza che li circonda. Mentre il fondovalle è segnato dalla profonda spaccatura grigia della poderosa fiumara Amendolea.
Andrea ci guida alla scoperta dei segreti della sua terra, indicando fra le sue montagne un magico presepe di antichi paesi arroccati, in cerca di vie sostenibili per rifiorire e ripopolarsi.
Continuando a salire l’ambiente cambia, diventa rapidamente montano e ci si trova presto fra pini e castagni, quindi nella brumosa faggeta.
Qui ci aspetta la sorpresa di un pasto caldo e di un bel falò preparata dai ragazzi della Cooperativa San Leo e di Naturaliter, ma non solo.
Il nostro pranzo a base di pasta e ceci e formaggio locale è allietato anche dai suoni della zampogna di Danilo e del tamburello di Antonio che ci avvolgono in una atmosfera magica, fuori dal tempo.
Il ritorno in paese, annunciato dalla rocca del castello, con la sua grande croce chiara, ci regalerà un tramonto d’incanto e la serenità delle vie di un borgo di pietra di rara bellezza. Grazie Bova!

 

Bova è arroccata a sassi di coriacea pietra avvinghiata ai monti di Aspromonte

di Massimo Montanari

Bova è arroccata a sassi di coriacea pietra avvinghiata ai monti di Aspromonte. Di sotto il mare aspetta silente che le acque si agitino per spumeggiare sui primi pendii e dare al vento quel sapore salato che sa di umore asprigno. L’Etna montagna e mamma osserva da lassù e la sua mole imponente abbraccia da una Sicilia di fronte la costa che scivola verso una memoria greca.
Bova ha case attaccate e una piazza che pare l’atrio di un casale antico dove persone di qui sono già il benvenuto di ogni passeggero nuovo.
Il bergamotto sparge il suo profumo e il sapore di un arancia diversa evidenzia l’unicità calabra.
Lo mangi il bergamotto o lo bevi; comunque sia ti accompagna in questa landa di silenzi profondi e di abbracci sinceri.
Bova è dall’altra parte di Itaca isola non lontana ma anche qui meta di naviganti di sassi e creste spettinate. Apromonte e l’Egeo di onde al peperoncino, terra sospesa tra italiche genti di fine continente e una grecalità che unisce le parti poetiche del Meditteraneo.
Bova gentile, di angoli a presepe, di bar unti di carte a briscola dove genti locali aspettano che la porta si apra e appoggi passeggeri nuovi.
Bova è partenza per monti sospesi per nuvole vicine per venti a fianco dei capelli che volano dietro folate spinte da folletti impertinenti.
Bova ha una locomotiva mai mossa, ferma tra binari di piazza che invita a partire con i vagoni della vita. Perché dall Aspromonte si parte, il viaggio in una terra tra due mari è obbligo se si vuole conoscere altri naviganti. Ma questa terra di asprigno carattere allatga le braccia perché aspettail ritorno. Si è viaggiatori non solo quandosi patte, ma soprattutto quandosi ritorna.
Bova è un Itaca del mere nostrum, quando arrivi scodinzola come Argo, perché Bova ti ha sempre aspettato.

Bova. Foto Luca e Valeria

Buongiorno! Le guide della Compagnia aspettano tutti a Bova oggi

Buongiorno! Le guide della Compagnia aspettano tutti a Bova oggi, per l’inizio del nostro incontro festa. Il clima è soleggiato, guardate la foto del tramonto di ieri sera, col sole che scende dietro l’Etna già innevato.

Gruppo guide Compagnia dei Cammini, Bova

Etna

Francesco Bevilacqua, ospite del 21/11

Domani avremo con noi Francesco Bevilacqua all’incontro pubblico di apertura di #CompagnidiCammino 2017 Aspromonte, martedì 21 novembre ore 17.30.

Francesco Bevilacqua è camminatore, scrittore, giornalista e fotografo naturalista per passione, oltre a essere avvocato di professione. Animerà una conversazione sul cammino come scavo identitario nei luoghi e nel paesaggio, il cui titolo potrebbe essere “Per un’archeologia del cammino” ovvero “In cammino nel paesaggio“.

Francesco Bevilacqua è stato ed è attivo nel volontariato ambientalista. Ma la sua vera passione è vagabondare e sperdersi, con le gambe e con la mente, per monti e valli della Calabria, dove – dice – sono le sue radici e, prima o poi, assumerà le sembianze di un albero, fermandosi nel luogo che, dopo tanto errare, sarà la sua ultima e definitiva dimora.

Ama definirsi “cercatore di luoghi perduti e membro dell’ordine pedestre dei camminatori erranti”. Quando qualcuno gli chiede cosa fa nella vita, risponde: “curo una malattia epidemica in Calabria, l’amnesia dei luoghi, provo a risvegliare i calabresi dallo stato di coma topografico in cui versano. Pratico una terapia che chiamo oikofilia, ossia amore per la propria casa, la terra, il paese. Lo faccio con metodi naturali: libri, foto, filmati, narrazioni”.

Descrive il suo modo di viaggiare come “viaggiar restando” che è una delle tante coniugazioni possibili di un verbo fin troppo abusato, una forma di stanzialità (in Calabria) errante (peregrinare in cerca dell’ignoto o del non più noto), una sorta di travaso tra l’anima dell’uomo e l’anima dei luoghi. I suoi mezzi prediletti sono le gambe e l’istinto, affinati dalla frequentazione più che trentacinquennale di monti e valli e dallo studio altrettanto lungo di carte topografiche, scritti sul paesaggio, narrativa legata ai luoghi, diari di viaggio. Ha scritto diciannove libri principali. Quattordici li ha dedicati all’esplorazione ed alla scoperta dei parchi, del viaggio, del paesaggio, delle bellezze naturali calabresi e sulla loro percezione in narratori e viaggiatori. Altri tre li ha destinati al rapporto tra uomo e natura. Uno è un racconto di viaggio sulle orme del britannico Norman Douglas. Un altro è il commento a cento libri per conoscere la Calabria proposti per la lettura.

Per saperne di più:

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